Intervista
26 maggio 2006

Politica e calcio

Intervista di Menachem Gantz - Maariv


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Il nuovo Ministro degli Esteri italiano, Massimo D'Alema, è un tifoso patito della Roma, e si definisce amico di Israele, malgrado dichiarazioni pro-palestinesi in passato. In un'intervista esclusiva concessa a Maariv all'inizio del suo mandato, ammonisce da passi unilaterali di Israele e raccomanda la formula preferibile: quella dell'Accordo di Ginevra


Se solo avesse voluto, e si fosse un po' intestardito, Massimo D'Alema avrebbe potuto trovarsi oggi al Palazzo del Quirinale. Ma D'Alema, 57 anni, presidente dei Democratici di Sinistra, con buone probabilità di essere eletto, si è messo in disparte. I risultati delle elezioni, che hanno segnato la fine del Governo Berlusconi, hanno fatto pendere la bilancia dalla parte del blocco della sinistra, grazie a soli 24 mila voti. La maggioranza così stretta ha convinto D’Alema che non fosse auspicabile che la carica di Capo dello Stato venisse ricoperta da una persona identificata in modo così chiaro e netto con la sinistra. Era naturale, quindi, che fosse nominato Vice Presidente del Consiglio e Ministro degli Esteri nel nuovo Governo di Romano Prodi.

D'Alema, romano di nascita e figlio di un politico comunista, era in passato il direttore del quotidiano della sinistra "L'Unità". Negli anni 1998-2000 è stato Presidente del Consiglio. Ancora prima che facesse in tempo ad occupare la sua poltrona, dopo cinque anni all'opposizione, ha subito trovato qualcuno pronto a guastare l'atmosfera. Fonti diplomatiche di Gerusalemme – secondo quanto è stato pubblicato – avrebbero stabilito che “è finita la luna di miele nei rapporti tra Israele e Italia” e che “i rapporti non saranno più intimi e buoni com’erano”. A dimostrazione di ciò, sono state riportate alcune dichiarazioni pro-palestinesi fatte da D’Alema. L’Ambasciata d’Israele a Roma si è subito affrettata a dichiarare ufficialmente che “non si tratta della posizione dello Stato di Israele”, ma anche D’Alema ha sentito il bisogno di iniziare il suo periodo di carica in un clima positivo nei rapporti con uno dei protagonisti principali del conflitto mediorientale. Forse proprio per questo egli ha deciso di concedere la sua prima intervista alla stampa straniera proprio ad un giornale israeliano.

E’ rimasto sorpreso dal fatto che l’unico Paese che L’ha accolta con freddezza e con critiche al momento del Suo ingresso in carica sia stato proprio Israele? Questo L’ha offesa?

La sua espressione all’inizio del nostro colloquio, nell’Ufficio del Vice Presidente del Consiglio a Palazzo Chigi, nel cuore di Roma, indica che non sia troppo compiaciuto della doccia fredda. Ma è cauto: dopo quindici anni di attività nella frenetica politica italiana, durante i quali non ha mai nascosto le sue posizioni, egli adotta ora un cauto linguaggio diplomatico.

“Ho sempre preso parte attiva alle vicende drammatiche nella vostra regione e le ho seguite con grande passione” spiega, “sono venuto un’infinità di volte in visita in Israele e nei Territori palestinesi, ho amici che vivono là e per un certo periodo della mia vita ho perfino avuto un legame familiare, grazie al fatto che la mia prima moglie era di origine ebraica. È naturale che, quando uno si sente così profondamente coinvolto, rischia anche di fare degli errori, ma la storia e la mia esperienza personale, nonostante gli sbagli, insegnano che la pace tra israeliani e palestinesi sia una chiave indispensabile. La fratellanza tra il mondo musulmano e quello occidentale dipendono da essa”.

Al Suo ingresso in carica Lei ha chiarito che l’Italia adotterà la politica europea e non avrà contatti con Hamas. Ma intende agire per mutare la politica europea, oppure si tratta di una posizione ferma dal Suo punto di vista?

“Il Governo israeliano ha preso delle decisioni in questi ultimi giorni che io considero positive. Da un lato non possiamo cedere ad un Governo che, seppure eletto democraticamente, non è disposto a riconoscere l’esistenza dello Stato d’Israele e non ripudia in modo chiaro la violenza ed il terrorismo, e pertanto non può essere da noi considerato come un partner per i negoziati. Dall’altro, l’isolamento del Governo palestinese deve essere accompagnato dal mantenimento del dialogo con il Presidente Mahmoud Abbas (Abu Mazen – nota di M.G.) e da attività internazionali volte ad impedire una crisi umanitaria nell’Autorità Palestinese, cosa che potrebbe portare ad un aumento dell’estremismo. L’Italia non romperà il fronte europeo nei confronti di Hamas”. Al momento attuale, egli afferma, qualsiasi attività che possa essere considerata un’apertura incondizionata verso Hamas è indesiderabile.

D’Alema è soddisfatto di quanto avviene contemporaneamente in Israele. “Attualmente esiste la possibilità di promuovere la pace. In Israele c’è un Governo di centro-sinistra che appare stabile, con uno sguardo verso una pace giusta, basata su due popoli, due Stati, due democrazie. Questa è una formula che io accetto volentieri”.

La questione iraniana conduce anche l’Italia in un campo minato. L’Italia ha interessi economici in Iran e vi è chi ammonisce che sanzioni contro Teheran colpiranno soprattutto il mercato italiano. Come possiamo garantire – gli chiedo – che l'orologio del progetto atomico iraniano non preceda i tempi della diplomazia internazionale?

“Non solo noi, ma anche gli americani ritengono che la possibilità di un attacco militare contro l’Iran sia una possibilità disastrosa” – risponde il Ministro degli Esteri. “Quando ci troviamo di fronte ad una scelta, dobbiamo valutare costi e benefici per tutte le parti coinvolte”. Una politica di sanzioni e boicottaggio economico nei confronti dell’Iran – egli dice – danneggerebbe soprattutto l’Italia. In passato era stato proprio il Governo D’Alema a ricevere il Presidente iraniano Hatami per le prima volta in Occidente, benché egli faccia notare che la visita fosse stata compiuta “in coordinamento con gli Stati Uniti”.

Dell’antisemitismo D’Alema dice che va combattuto con fermezza anche attraverso il sistema educativo. “La distruzione di lapidi recentemente compiuta nel cimitero di Milano rappresenta un sintomo preoccupante; noi siamo consapevoli del fatto che l’antisemitismo potrebbe divulgarsi come un morbo in Europa, un morbo dal quale essa non è mai riuscita a guarire del tutto”.

Quando bandiere d’Israele vengono bruciate nelle strade in Italia, si tratta di una testimonianza di antisemitismo o di anti-sionismo?

“Va criticato nello stesso modo anche l’anti-sionismo. A mio parere, le posizioni anti-sionistiche sono rozze. Le posizioni anti-sionistiche sono errate. Bruciare bandiere di Israele è un crimine”.

Israele, egli afferma, aiuterà l’Europa a lottare contro l’antisemitismo ed anche contro l’antisionismo, se saprà distinguere e non confondere il dibattito politico con l'antisemitismo. Parlando a questo proposito, egli espone la sua posizione in merito al programma di convergenza del Primo Ministro Ehud Olmert. “Ad esempio, se io ritengo che una manovra unilaterale da parte di Israele non si dimostrerà utile, non sono un antisemita”, afferma il Ministro degli Esteri italiano. “Al contrario, si tratta di una posizione che esprimo come amico di Israele. Il fatto che ora esista un Governo che non può fungere da partner nei negoziati con Israele non deve incoraggiare una politica unilaterale. La pace potrà arrivare solo attraverso il dialogo, e dobbiamo essere pazienti fino a quando giungerà il momento in cui sarà possibile condurre delle trattative. Contemporaneamente, non dobbiamo compiere passi dai quali non si potrà tornare indietro. Se Israele pensa di stabilire i confini in base alle proprie esigenze, con un piano irreversibile – questo non funzionerà’”.

Secondo D’Alema, se esiste una qualche bozza in grado di condurre all’auspicata pace, questa sarebbe l’accordo di Ginevra. “Tengo tra le mie carte, con le lettere che mi sono particolarmente care, il testo – forse ottimistico – dell’accordo di Ginevra, firmato da un gruppo di persone che forse non avevano l’autorità governativa, ma che con questo testo hanno fatto un tentativo di compilare un vero accordo di pace”. Egli ha seguito da vicino il raggiungimento di quell’accordo ed era presente alla cerimonia della sua firma a Ginevra. “Una persona che ha dedicato così tanto tempo e passione per promuovere la pace in Medio Oriente non può essere considerata un nemico. Semmai un amico che sbaglia, ma certo non un nemico”.

È questo tipo di messaggio che egli intende dare ad Olmert, che si aspetta di incontrare a Roma. “È estremamente importante che il Primo Ministro Ehud Olmert includa Roma nella serie dei suoi incontri in Europa”, egli dice. Dal punto di vista dell’Italia, si può supporre che una visita di questo genere confermi che le cose continuano come sempre, anche senza i calorosi rapporti che si erano stabiliti tra Sharon e Berlusconi.

Secondo una delle notizie pubblicate su D’Alema, in occasione di una sua visita in Israele, sarebbe stato accolto all’aeroporto da una hostess con un “Benvenuto in Israele!” ed egli si sarebbe affrettato a correggerla: “in Palestina!”. Ci sono tante leggende urbane, egli dice commentando l’episodio. “Ho dei dubbi su come si possa raccogliere la testimonianza di una hostess dopo 12 anni. Mi piacerebbe trovarmela di fronte”, aggiunge.

Maurizio Molinari, che era il corrispondente diplomatico de “La Stampa” quando D’Alema era Presidente del Consiglio, descrive in un suo libro un incontro tra D’Alema ed Ariel Sharon, che ricopriva la carica di Ministro degli Esteri ed era considerato in Europa un personaggio da evitare. “La pace è più importante della sicurezza”, aveva affermato il Presidente del Consiglio italiano e Sharon gli aveva risposto che non voleva che Israele diventasse come la Cecoslovacchia del 1938. D’Alema dice di ricordare quelle frasi, ma di avere bene impresse in mente altre parole che furono pronunciate. “Mi ha detto una cosa che ricordo ancora. In quel periodo egli sosteneva che non ci sarà un vero e proprio Stato palestinese, bensì dei territori palestinesi, senza forze di sicurezza ed inclusi nei confini di Israele”. Il termine usato da Sharon aveva alquanto spaventato D’Alema. “Egli ha chiarito, e ha usato il termine banthustan, le enclavi dei neri fondate dal governo dell’apartheid in Sud Africa. Io gli ho risposto: non troverà mai una controparte palestinese che firmi un accordo di questo genere”.

Un argomento del quale il nuovo Ministro degli Esteri è lieto di parlare, più di quello dei piani di pace per il Medio Oriente, è il calcio. D’Alema è un patito tifoso della Roma, con i suoi colori giallorossi. A volte gli capita di incontrare nelle tribune un altro tifoso, l’Ambasciatore d’Israele a Roma, Ehud Gol. “Quando ci incontriamo allo stadio, lasciamo da parte le discussioni politiche e siamo uniti dall’amore per la Roma. Allo stadio ci scambiamo parole scherzose, in un clima molto amichevole”.

Le piace anche andare in barca. Ha mai navigato nell’area?

“Non ho mai navigato di fronte alle coste dello Stato di Israele. Ho conosciuto il mare dalla spiaggia. Ma stiamo lavorando con l’Ambasciatore Gol su un programma per una visita nella regione, che comprenda Il Cairo, Amman, ed una visita da Abu Mazen ed a Gerusalemme da Olmert. Ho incontrato il Ministro degli Esteri Livni qualche settimana fa, insieme con il Presidente del Consiglio, Romano Prodi. Ci adopereremo per trovare come poter dare il nostro contributo nel modo più utile. Un viaggio in Israele e nella regione è un viaggio che sono sempre pronto a fare con piacere”.

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