Discorso
26 settembre 2006

Camera dei Deputati - Discussione per il finanziamento della missione italiana in Libano

Testo dell'intervento


Nell'esprimere il parere sugli emendamenti presentati, che è conforme a quello espresso dal relatore, vorrei cogliere l'occasione per svolgere alcune considerazioni che riprendono taluni temi proposti nel corso dell'illustrazione degli emendamenti stessi da parte di numerosi colleghi deputati. Dico questo innanzitutto per interloquire in una discussione che si è svolta in modo molto sereno e molto costruttivo. Penso che questo clima parlamentare sia utile perché la missione di cui stiamo discutendo oggi - e che ha preso avvio nel Libano - è difficile, importante e rischiosa. In questa missione il nostro paese è esposto in modo rilevante non soltanto per la consistenza dell'impegno militare, ma anche perché l'Italia è stata tra i paesi che hanno voluto e promosso la missione ed è il paese che ne assumerà la guida, da qui a qualche mese, quando scadrà il comando UNIFIL del generale Alain Pellegrini. Dunque, tutte queste ragioni sottolineano quanto è importante che intorno a questo impegno dell'Italia vi sia la più larga partecipazione e consenso del Parlamento del paese e, naturalmente, anche - come diversi colleghi hanno detto - quella legittima vigilanza del Parlamento circa il modo in cui la missione si svolgerà nonché le scelte che via via saranno necessarie.

Voglio tornare a dire che l'iniziativa italiana che si è svolta e sviluppata nel corso degli ultimi mesi di fronte alla guerra nel Libano, innanzitutto con la Conferenza di Roma del gruppo dei paesi impegnati per il sostegno alla democrazia libanese e poi nel lavoro diplomatico che ha portato alla risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ha avuto come fine non soltanto quello di fermare il sanguinoso conflitto israelo-libanese che rischiava di introdurre un nuovo elemento di instabilità in una regione tormentata da numerosi conflitti, ma anche quello di imprimere una svolta attraverso un impegno più diretto della comunità internazionale, delle sue istituzioni e dell'Unione europea nella regione mediorientale, allo scopo di avviare un processo di pace che complessivamente consenta di ridurre il conflitto in un'area che rimane cruciale, dato che - nella nostra convinzione - proprio il conflitto israelo-palestinese, di cui quello tra Israele e Libano è un aspetto collegato, continua a rappresentare la questione centrale di tutti i conflitti mediorientali.
Fin dall'inizio è stato chiaro che la condizione di una svolta non poteva essere quella di un ritorno allo status quo ante e che il dispiegamento di una forza militare internazionale al confine tra Libano e Israele, che funzionasse anche come prevenzione e deterrente nei confronti delle violazioni della «linea blu» e di possibili attacchi contro Israele, ha la condizione perché si potesse conseguire il cessate il fuoco e, poi, la pace. Noi abbiamo tenuto fermo con forza questo punto; lo abbiamo fatto anche quando sembrava che questa posizione fosse isolata. In verità, non lo era perché essa ha goduto sempre del sostegno, innanzitutto, del Governo libanese e, in realtà, anche del Governo israeliano, anch'esso interessato ad una stabilizzazione dell'area. Inoltre, ha goduto di un sostegno e di un incoraggiamento da parte americana, e, alla fine, di un largo consenso europeo, sottolineato dalla riunione straordinaria del Consiglio affari generali, nel mese di agosto, e dall'assunzione, da parte dell'Unione europea, nell'incontro con il segretario generale Kofi Annan, della principale responsabilità nella costituzione dell'UNIFIL rafforzata.
Credo di poter dire due cose, sin qui, e non voglio pronunciarmi sui problemi e i pericoli che ci sono chiari. Tuttavia, sin qui, la missione sta avendo successo, sia per la decisione di tanti altri paesi di aderire all'appello delle Nazioni Unite... E non soltanto di molti paesi europei, dato che Francia, Spagna e Italia rappresentano, certamente, il nerbo della missione ma è del tutto evidente il valore della decisione del Bundestag per un impegno molto rilevante della Germania, non soltanto nell'assicurare il dispositivo aeronavale, ma anche per il dispiegamento di forze, non lungo i confini di Israele ma a sostegno nelle forze libanesi per il controllo dei confini con la Siria.
Oltre ai paesi europei, tuttavia, è importante l'adesione di numerosi paesi islamici alla forza internazionale. Fra questi, un valore particolare ha assunto la decisione della Turchia - decisione non scontata, che è passata anche attraverso una aspra discussione politica e che, a mio giudizio, è un segnale importante di quella vicinanza della Turchia all'Europa che costituisce uno degli obiettivi della politica estera italiana - ma anche di altri paesi islamici ed anche di un paese arabo, non grande, ma importante, come il Qatar. Sottolineo questo punto perché rappresenta una novità che, non a caso, ha attirato l'attenzione e la minaccia del terrorismo internazionale, e cioè il fatto che lì a garantire la sicurezza non c'è l'Occidente contro l'Islam ma una grande forza internazionale nella quale europei ed islamici sono insieme a tutelare la stabilità in un'area tormentata.

Il dispiegamento procede in modo positivo. Il ritiro delle forze armate israeliane si è avviato. La decisione di Israele di togliere il blocco aereo e navale ha rappresentato un passaggio importante ed io credo che dobbiamo essere grati alla Marina militare italiana la quale, in attesa del dispiegamento della forza internazionale, si è fatta carico della responsabilità interinale di presidiare le acque territoriali libanesi, consentendo la fine del blocco navale. Segno di grande efficienza, le nostre Forze armate sono giunte sul teatro - come si dice - con grande rapidità, con grande efficienza e, secondo il mio giudizio, dando una dimostrazione che, certamente, ha contribuito al prestigio internazionale dell'Italia.

Il secondo aspetto che voglio sottolineare è che questa missione può rappresentare un punto di svolta, nel senso di avviare quel processo di stabilizzazione interna del Libano, che deve compiersi attraverso il disarmo delle milizie, e che - non dimentichiamolo mai - è la realizzazione di un accordo sottoscritto tra le forze politiche libanesi, non di un'imposizione esterna, ma necessaria per avere nel Libano uno Stato sovrano e può essere un punto di svolta più generale per la regione.
Torneremo a discutere degli effetti che la presenza in Libano dell'ONU può avere sulla crisi israelo-palestinese, che è stata al centro delle discussioni internazionali anche nel corso dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite e che, certamente, rappresenta il banco di prova più importante per una politica di pace in quella parte del mondo.

Da ultimo, voglio dire che tutto questo è stato reso possibile anche dal modo in cui il sistema politico italiano ha reagito e dalla prontezza con cui il Parlamento - il Governo vuole darne atto - si è riunito, nelle Commissioni esteri e difesa il 18 agosto, con un gesto di sensibilità che ha avuto, secondo me, un grande significato, con una presenza vastissima di parlamentari, della maggioranza e dell'opposizione, con una discussione seria e con un voto pressoché unanime che, certamente, ha costituito un punto di forza per il Governo italiano, che ha potuto presentarsi in Europa non soltanto sulla base di un'intenzione di qualche ministro, ma sulla base di una volontà politica larga, e che si era manifestata democraticamente in un periodo nel quale non è comune che i parlamenti democratici si riuniscano.
Penso che quel consenso sia una base preziosa, così come lo è stato per cominciare questa difficile impresa, anche per portarla avanti con successo

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