Intervista
2 ottobre 2006

"Manovra equa, ma non basta ora riforme per modernizzare' '

Intervista di Massimo Giannini – La Repubblica


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Una Finanziaria "miracolosa", che risana i conti e ci mette in regola con l'Europa. Ma una Finanziaria che "è solo il primo passo". E' "carente in alcuni punti: innovazione, modernizzazione". Massimo D'Alema, ministro degli Esteri, è soddisfatto della manovra. Ma ora lancia un appello al governo e alla maggioranza, e un avvertimento ai sindacati. "Adesso iniziano le sfide più difficili: dobbiamo fare riforme vere, a partire da quella delle pensioni, per poi passare al mercato del lavoro e alle liberalizzazioni. Non voglio tornare a una sinistra rozzamente egualitaria". In questo scenario, dice il vicepremier, "il partito democratico è una condizione irrinunciabile del nostro percorso riformista e riformatore".

Ministro D'Alema, "questa è una rapina". Lo dice l'opposizione, lo gridano i giornali del Polo.

"Stupidaggini. Sento parlare di stangate, di macelleria sociale. Propaganda di bassa lega. La manovra è severa, ma equa e sostenibile. Contiene misure ragionevoli, che non evocano certo scenari da 'comunismo di guerra'. E trovo francamente imbarazzante la rapidità con la quale questi signori sono passati dal banco degli imputati al ruolo di accusatori. Ci hanno lasciato un Paese allo stremo, e adesso gridano allo scandalo perché noi, ancora una volta, lo risaniamo. Vergogna".

Ma che Legge Finanziaria avete propinato agli italiani?

"Partiamo da una premessa. C'era l'emergenza, e poi ci sono le prospettive. La prima parte del mio ragionamento ruota intorno all'emergenza. La Finanziaria è un miracolo. Essere riusciti a fare una manovra da 33 miliardi di euro, nella situazione in cui ci trovavamo, è un risultato straordinario. Non abbiamo dovuto fronteggiare solo il dissesto della finanza pubblica, ma anche l'immane eredità di una politica del centrodestra che aveva impoverito ampie fasce di popolazione, aveva depauperato settori strategici come la scuola, la ricerca, l'università e intanto aveva fatto crescere la spesa corrente. Abbiamo rischiato di trovarci in una situazione drammatica con l'Europa. L'Economist già scriveva che l'Italia sarebbe uscita dall'euro. Siamo riusciti a trovare la quadratura del cerchio, con un'operazione che, quanto meno, ha un segno chiaro e forte di equità sociale. E questa, d'altra parte, è una delle ragioni per cui siamo qui, al governo del Paese".

Sì, ma non è l'unica ragione. Siete lì anche per cercare di riformare l'Italia e di intercettare il voto di quei cittadini che storicamente sfuggono al perimetro di rappresentanza della sinistra. E' il tema antico di Togliatti, da "Ceti medi e Emilia rossa" in poi. Questa manovra, con gli aggravi Irpef per i contribuenti sopra i 75 mila euro di reddito, non aiuta questa ricerca.

"Ci sono modi diversi di definire il ceto medio. Secondo l'Ocse, il reddito medio degli italiani è 21 mila euro pro capite. La quota di cittadini che sono al di sopra dei 75 mila euro di reddito e che avranno un certo incremento di tasse è pari all'1,58% della popolazione. E'difficile considerare questo il ceto medio, le pare? La verità è che il cittadino italiano medio, l’impiegato che guadagna 1800 euro netti ai mese, con questa Finanziaria paga 500 euro netti di tasse in meno all’anno, tra detrazioni e assegni familari. Viceversa, una fascia assai ristretta di cittadini più benestanti
subirà un leggero aggravio fiscale".

Ma non avete esagerato con il fisco, per evitare di ridurre le spese? Così non torna la solita equazione: arriva la sinistra, arrivano le tasse?

"Non è così. Nella voce entrate ci sono gli aumenti contributivi, che invece vere entrate non sono. E poi una parte dell'aumento viene restituito ai cittadini. E' una partita di giro, è redistribuzione delle risorse. Quello che si ricava dalla nuova tassazione delle rendite finanziarie e dalla modifica dell’Irpef va a finanziare la riduzione dei cuneo fiscale, l’aumento delle detrazioni e degli assegni familiari".

E allora perché una parte di critiche è arrivata anche da sinistra? Il presidente della provincia di Milano Penati ha detto "così al Nord non vinceremo mai".

"Noi l'avevamo detto già in campagna elettorale: dalla rendita e dai redditi più elevati dirotteremo risorse verso il lavoro e l’impresa. C'è poco da fare. Se noi vogliamo ridurre di quasi 10 miliardi il cuneo fiscale, per rilanciare la competitività del Paese e sgravare i contributi per le imprese e i lavoratori, dove troviamo i soldi? Non abbiamo il pozzo di San Patrizio. E' un fatto di giustizia sociale".

O piuttosto di rivincita sociale? Non trova controproducenti i manifesti di Rifondazione che dicono "anche i ricchi piangano"?

"La pubblicità di Rifondazione è una stupidaggine e un'indecenza. Io l'ho anche detto a Ferrero: piuttosto fate i manifesti che dicono 'anche i poveri ridano'. Mettiamola in positivo. L'obiettivo della Finanziaria non è quello di far piangere qualcuno, anche perché chi ha realizzato miliardi di plusvalenze e pagherà il 20 anziché il 12% non piangerà comunque. Detto questo, io sono per rimarcare il fatto che questa Finanziaria migliorerà le condizioni di vita della stragrande maggioranza degli italiani, non per enfatizzare il fatto che ne colpirà una sia pur minima parte".

Ma l'aumento delle tasse non avviene solo attraverso lo Stato centrale. Proprio il governo Berlusconi aveva introdotto tagli durissimi a Regioni e Comuni, ora voi fate la stessa cosa. Così aumenteranno anche le tasse locali, no?

"Agli enti locali abbiamo richiesto un sacrificio, attribuendo loro una maggiore flessibilità all'interno dei bilanci. Ma parliamoci chiaro. Noi abbiamo ereditato uno sfascio. Un deficit che andava oltre il 4%, un tendenziale fasullo perché cinicamente costruito da Berìusconi e Tremonti prevedendo zero investimenti delle Fs e dell'Anas. Questo era il salto che avevamo di fronte. Hic Rhodus, hic salta. E noi abbiamo saltato. Abbiamo gettato le basi per risanare i conti, abbiamo rimesso in moto gli investimenti, abbiamo reintrodotto il credito d'imposta, il cuneo fiscale rimodulato tra Nord e Sud con forte stimolo all'occupazione e allo sviluppo".

Sviluppo, dice lei. Perché allora Confindustria è sul piede di guerra per il Tfr trasferito all'Inps?

"Il problema è che le imprese hanno continuato ad usare il Tfr come forma di autofinanziamento, mentre nei paesi normali le imprese si finanziano sul mercato. Comunque, se Confindustria fa un po' di conti si rende conto le imprese italiane, come le famiglie più povere, con questa Finanziaria ci guadagnano".

L'impressione è un'altra. Se non aveste fatto una Finanziaria con un'impronta redistributiva mirata sul fronte fiscale, non avreste retto l'urto di uno sciopero generale del sindacato. Non è così?

"No. Abbiamo fatto una Finanziaria improntata a valori di giustizia sociale perché sono valori nei quali ci riconosciamo. Gli italiani ci hanno votato perché sapevano che avremmo protetto i lavoratori e i redditi più bassi, perché questo appartiene alla nostra Weltanschaung".

Ma nessuno meglio di lei, che dalla metà degli anni '90 si lanciò in scontri epocali con la Cgil di Cofferati, sa che ci sono grandi riforme che in questo Paese non sono mai state neanche tentate proprio a causa di certe resistenze sindacali.

"Qui sta la seconda parte del mio ragionamento, che riguarda le prospettive. Se considerata da un punto di vista riformista, questa Finanziaria rappresenta solo un primo passo. Le risorse per l'innovazione, la ricerca: di tutto questo, è chiaro, non siamo pienamente soddisfatti. E' evidente che la manovra è molto parziale. Ma questa deve essere la nostra missione, riformista e riformatrice, dei prossimi mesi. Anche i sindacati lo devono sapere. Da marzo sulle pensioni, noi puntiamo a una revisione profonda del sistema previdenziale. Dobbiamo finalmente individuare quali sono i lavori usuranti, e poi puntare per tutti noi altri a un ragionevole innalzamento dell’età pensionabile".

Anche sulla Pubblica Amministrazione le riforme in Finanziaria languono. Ci avete rinunciato?

"Certo che no. Faremo anche questa riforma, che in Finanziaria abbiamo solo parzialmente avviato. Una ragionevole riduzione del personale, e una sua massiccia riqualificazione, si farà nel tempo. La gente deve capire che il compito della sinistra non è solo quello di fare Robin Hood. Noi dobbiamo investire massicciamente sull'innovazione, lo sviluppo, la qualità, il premio delle professionalità. Non voglio tornare a una sinistra rozzamente egualitaria".

Resta il fatto che, tra Telecom e Finanziaria, la maggioranza ha mostrato i suoi limiti coalizionali. Lei non ha avuto questa impressione?

"Ci sono difficoltà oggettive, che finora abbiamo affrontato bene. Ma dobbiamo rafforzare la collegialità e il senso di una missione comune. La prova della Finanziaria in Parlamento sarà particolarmente ardua e impegnativa. Ma è evidente che questo governo e questa maggioranza non hanno alcuna alternativa credibile. Se questa coalizione cadesse, sarebbe un drammaer il Paese. Non vedo chi e come potrebbe ricostruire un asse di governo".

Eppure, proprio dal caso Telecom in poi, sono tornati a circolare strani fantasmi. Lo spettro del '98, la sindrome del complotto. Come sono i rapporti tra lei e Prodi?

"Ottimi. Non so niente di fantasmi del '98. So che allora non ci fu alcun complotto, figuriamoci se c'è oggi. Trovo deprimente che mentre uno si impegna nel mondo per ridare una credibilità internazionale al Paese, come ho fatto io in questi mesi, debba essere angariato da pettegolezzi francamente ridicoli. Mi creda, se anche avessi voluto tramare, non ne avrei avuto il tempo. Ma a parte questo, considero la stabilità del governo la condizione essenziale per processi di consolidamento, di rafforzamento e di riforma del sistema politico italiano, che passano sia attraverso il futuro partito democratico, sia attraverso la revisione della legge elettorale, altro frutto avvelenato lasciatoci dalla destra".

Se c'è una prospettiva per le riforme, e per la tenuta di questa maggioranza, sta proprio nella rapidità con la quale riuscirete a fare il partito democratico. Non le pare che su questo state accumulando un ritardo altrettanto imbarazzante?

"Passi in avanti ne abbiamo fatti. Ci presentiamo alle elezioni con un solo simbolo, e abbiamo costituito un solo gruppo parlamentare, il processo politico mi pare irreversibile. Ma ora dobbiamo accelerare ancora di più".

Resta il quesito amletico. Oltre alle scadenze, quello della collocazione europea: morire socialisti, morire democristiani, o morire e basta?

"Io resto convinto che la nascita de! nuovo partito deve contribuire a rinnovare iì campo del centrosinistra. Non credo sia utile dar vita a un nuovo caso italiano, una forza politica strana, che si mette per conto suo. Quanto alle scadenze, l'orizzonte secondo me non può che essere quello delle prossime elezioni europee. Ma dobbiamo arrivarci avendo sciolto tutti i nodi e come parte di un rinnovato campo del centrosinistra riformista europeo, in cui il socialismo è una parte grande, importante ma non esclusiva".

Senza questo timone riformista, la maggioranza resterà ostaggio dell'ala più radicale della sinistra. Ne siete consapevoli?

"Non c'è dubbio. Anche se finora non abbiamo soggiaciuto al ricatto di estremisti e di guardie rosse, adesso bisogna dare un'impronta riformista forte all'azione di governo. Dobbiamo fare i collegati alla Finanziaria, e continuare nel solco delle liberalizzazioni Visco Bersani. Dobbiamo riformare la previdenza e il mercato del lavoro. Il governo si deve attrezzare al meglio per affrontare queste sfide. E il partito democratico è la condizione essenziale perché si possano vincere.

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