Intervista
14 ottobre 2006

D’Alema:il conflitto di interessi? Non possiamo fare tutto insieme

Intervista di Antonio Macaluso - Corriere della sera


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Riforma delle legge Gasparri: Berlusconi parla di banditismo. Mediaset di vendetta politica. Come reagisce Massimo D’Alema, uno dei pochi che proprio Berlusconi e Mediaset non considerano un nemico preconcetto?

Il vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri va giù duro: «Trovo che la proposta di Gentiloni sia molto equilibrata, così come trovo sia democratica la procedura seguita. Finora una legislazione di favore ha permesso a Berlusconi di accumulare enormi profitti e detenere una posizione dominante nel mercato pubblicitario che non ha eguali in nessun Paese civile al mondo. Quando vedo Berlusconi dichiarare che una norma antitrust che fissa un tetto del 45 per cento è un atto di banditismo, ho la conferma che in Italia c’è una destra illiberale che non è nelle condizioni di governare, anche perché dominata da un clamoroso conflitto di interessi».

E dire che perfino Emilio Fede si appella a lei, come persona ragionevole e moderata.

«E fa bene perché il provvedimento è moderato e ragionevole. Si sarebbe potuto procedere per decreto, ad esempio».

Ma dovrete farla passare in Parlamento. E i numeri…

«Questo vale per ogni legge. Noi abbiamo un programma e cerchiamo di realizzarlo. Se un giorno ci rendessimo conto che è impossibile, si andrà alle elezioni».

Potreste ricorrere alla fiducia?

«Il percorso è lungo e parlarne ora è prematuro ».

E’ prematuro anche parlare di conflitto di interessi?

«Dovremo occuparcene ma non possiamo fare tutto insieme».

Lei ha detto che su questo tema bisognerebbe partire dalla legge approvata in Senato nel 2001. Per arrivare dove?

«La questione è quella della compatibilità tra alcune cariche pubbliche e attività che si svolgono sulla base di concessioni dello Stato. La legge già prevede casi di incompatibilità anche se in modo confuso e con disparità di trattamento».

L’opposizione vi accusa di voler colpire Berlusconi "ad personam".

«Con la riforma Gentiloni siamo intervenuti su una questione urgente e non è certo una misura contro un’azienda. E dovremmo essere grati a Berlusconi per la sua reazione: nel momento in cui, per altri aspetti, il governo è in difficoltà, avere il capo dell’opposizione che, di fronte a una blanda proposta antitrust, dice che è finita la democrazia, ci aiuta, ci rafforza. Toglie credibilità ad ogni alternativa».

Parliamo delle difficoltà sulla Finanziaria.

«Un provvedimento coraggioso, difficile, inevitabile. La sua forza sta nella scelta, non banale, di fare una legge da 34 miliardi di euro per tornare in Europa. Se poi sono possibili modifiche, ben vengano, purché serie».

E’ nato anche il tavolo dei volenterosi…

«In questo momento, non servono tavoli. C’è il Parlamento. Se ci saranno proposte utili, serie, è quella la sede per valutarle».

Rilievi sono arrivati anche dal Governatore della Banca d’Italia e dalla stampa estera.

«Sia Draghi che l’Europa hanno apprezzato la manovra. Che permette di fermare la deriva della finanza pubblica. E’ chiaro che una tale operazione non può far contenti tutti e noi abbiamo scontentato anche in casa nostra, vedi i sindaci. Non abbiamo voluto colpire solo una parte. Le misure fiscali contengono concreti benefici per 16 milioni di famiglie, alle quali sono state raccontate cose false ma che il 27 gennaio 2007 troveranno più soldi in busta paga e potranno giudicare. Quattro milioni e mezzo di famiglie — tra cui la mia e la sua — che hanno di più, pagheranno un po’ di più e ciò non mi pare sbagliato».

Gli imprenditori sono sul piede di guerra.

«E perché mai? Le imprese ci guadagneranno, mentre i redditi da capitale pagheranno un po’ di più. Forse gli imprenditori sono più preoccupati dei redditi personali che non del destino delle loro imprese».

Sul Tfr le imprese non le avete favorite.

«Il Tfr non appartiene alle imprese ma ai lavoratori, che sono totalmente tutelati. Manifesti dell’Ugl che ci dipingono come quelli che mettono le mani in tasca ai lavoratori: questo è falso. Peraltro sappiamo che ci sono imprese che utilizzano questi soldi come forma impropria di autofinanziamento».

Resta il fatto che questa misura mette in difficoltà le aziende, soprattutto le più piccole.

«Troveremo una soluzione. Ad esempio un fondo di garanzia che consenta alle piccole imprese di accedere al mercato finanziario e intervenire sulla differenza dei tassi di interesse. Peraltro mi piacerebbe si parlasse anche di come abbiamo ridotto di tre punti il costo del lavoro. Quando Berlusconi ne tagliò uno si parlò di svolta storica e questo sì che pone un problema: quello del suo dominio nei media».

Forse avete anche sbagliato qualcosa: come possessore di barca cosa pensa del manifesto di Rifondazione con la foto di uno yacht e lo slogan che è giusto far piangere i ricchi?

«È stata una corbelleria e ho suggerito a Rifondazione che il prossimo manifesto sia "far sorridere anche i poveri". E comunque questa Finanziaria non fa piangere nessuno».

E adesso?

«In primavera, bisogna rilanciare una forte, coraggiosa azione riformatrice. Su due fronti. Primo, un patto sociale per la produttività e la competitività che chieda maggiore flessibilità in cambio di una riduzione della precarietà, come avvenuto in Spagna, e la revisione del sistema previdenziale. Dobbiamo avere il coraggio di individuare quali sono i lavori usuranti, da tener fuori, per pensare a un aumento dell’età pensionabile per gli altri. O andiamo verso pensioni molto basse, o ci deve essere un ragionevole innalzamento dell’età pensionabile. Si può avere un sistema flessibile, in cui si possa optare, ma non possiamo non affrontare questo problema».

Seconda questione?

«Riguarda la pubblica Amministrazione. Bisogna intervenire con un piano strategico che tenga insieme efficienza e riforma dei meccanismi di decisione e delle procedure. Questo è quello che davvero possiamo offrire alle imprese: uno Stato moderno, in grado di prendere decisioni in tempi ragionevoli sulla base di procedure più agili».

Una "campagna di primavera" ambiziosa.

«Sulla quale il governo misurerà la sua caratura riformatrice ».

Non sarà una passeggiata. Penso al sindacato, ad esempio.

«Se ci saranno problemi, li affronteremo e lo faremo con i sindacati, come sempre. Il primo banco di prova sarà il contratto del pubblico impiego, che dovrà contenere delle novità, sul piano normativo soprattutto».

Parliamo del Partito democratico. E del suo intervento al convegno di Orvieto.

«Un intervento dal quale sono uscite versioni inquietanti. Per aver detto che le primarie sono importanti ma che se non ci fossero state le sezioni dei partiti che le hanno organizzate non si sarebbero potute svolgere, ho sentito commenti del tipo "battuta al vetriolo". E’ assurdo, io voglio davvero contribuire ad andare verso il Partito Democratico. E non a chiacchiere».

Ma lei che percorso si immagina?

«Quello delineato ad Orvieto. Un processo al quale partecipino partiti, associazioni, società civile. Non dobbiamo contrapporre ma mettere insieme tutto questo. Non c’è un’ora X in cui un big bang fa nascere il Partito. Dire questo, mi sembra dare un contributo. Quando si parla dei partiti e della società civile, mi domando come classificare le circa 900 mila persone iscritte ai Ds e alla Margherita. Da dove vengono»?

Dalla società civile?

«Se lo dico io,mi dicono che è una battuta al vetriolo. Dobbiamo considerare che quella massa di cittadini iscritti ai partiti e che nel nostro Paese rimane la quota più elevata in Europa, sono parte di questa società civile. Dobbiamo portare più gente possibile nel nuovo Partito, senza perderci quelli che già ci sono. L’Ulivo raccoglie più voti della somma dei partiti».

Fabio Mussi e il Correntone ds continuano a non starci

«C’è una discussione aperta e faremo un congresso vero, nel quale ci confronteremo. Quando un partito, l’Ulivo, è quasi al 32% e punta a rappresentare il 40% degli italiani, è chiaro che copre un arco vastissimo di posizioni. Se, nascendo, il partito, perderà una componente, sarà un impoverimento».

Problemi ci sono anche nella Margherita, nascono correnti…

«All’inizio ognuno alza la sua bandiera, è normale che in un tale processo ognuno tenti di rendere visibili le proprie idee e si preoccupi che in un grande partito plurale non svanisca la sua storia, il suo punto di vista. Anche per questo non è il momento di contare le tessere, ma mettere insieme le persone con intelligenza e passione. Ci vuole un dibattito vero. Che aiuterà anche il Governo. E proceda parallelamente alle riforme da avviare in primavera. Perché una riforma della politica e delle istituzioni non è meno necessaria al rilancio dell’Italia delle riforme sociali ed economiche».

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