Intervista
12 febbraio 2007

« L'alternativa è una sola, l'Europa o il declino »

Intervista di Vanja Luksic - Le Soir
(traduzione)


D : La conferenza che lei terrà questa sera a Bruxelles si intitola « Rilanciare l'Europa » (1). Alla vigilia del cinquantenario del Trattato di Roma, l'Europa sembra essere a corto di fiato. Lei cosa propone?

R : Prima di tutto, sono convinto che abbiamo un assoluto bisogno dell'Europa. Questa stanchezza, questo affanno sono il risultato del lungo cammino percorso dall'Europa, dei progressi che ha realizzato. L'Unione Europea è ormai una realtà importante. L'allargamento è stato un grande successo politico, che ha sigillato la fine della Guerra Fredda e la riunificazione del continente. Ma è stato anche molto difficile, dal punto di vista istituzionale e economico…E tutto ciò ha pesato sullo stato d'animo degli europei. Attualmente ci troviamo in una congiuntura molto particolare. Siamo alla vigilia del 50° anniversario del Trattato di Roma, ma stiamo anche preparando il Consiglio europeo straordinario di giugno, durante il quale saremo chiamati a decidere del futuro del Trattato Costituzionale.

D : Prima si parlava di « Costituzione europea », ora si preferisce utilizzare il termine « Trattato ». E' perché fa meno paura?

R : Quello che ho utilizzato è il termine tecnico esatto. Quando si parlava di Costituzione, era una metafora. In realtà, si tratta di un Trattato internazionale. Lo dimostra il fatto che è necessaria la ratifica da parte di ogni Stato membro dell'UE. Io credo che si debba ripartire dal Trattato Costituzionale ratificato dall'Italia e da altri 17 paesi membri, ossia dalla maggioranza degli Stati europei. Solo Francia e Olanda lo hanno respinto e i paesi che non lo hanno ratificato sono una minoranza. Il Trattato si può modificare, ma senza toccare le riforme essenziali che consentono all'UE di dotarsi di istituzioni più democratiche e più efficaci.

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D : Dopo i diversi allargamenti, l'Europa somiglia sempre più ad un gigante economico e ad un nano politico.

R : Questo è un vecchio slogan che, prima di essere applicato all'Europa, era stato coniato per la Germania. Ad ogni modo, una simile situazione non può durare. Diventa sempre più evidente. Una moneta unica non può durare in assenza di un coordinamento delle politiche economiche e di sviluppo. Non è vero che l'Europa può continuare ad essere un gigante economico senza la politica. Senza una politica forte, rischiamo di non essere più competitivi sul piano economico.

D : Cosa fare, allora, affinché l'Europa allargata sia in grado di funzionare ?

R : Innanzitutto, bisogna dotarla di istituzioni efficaci. Nel dibattito europeo, alcuni tendono a dire: non occupiamoci delle questioni giuridiche, delle regole istituzionali, che sono cose astratte, che non interessano i cittadini. Occupiamoci piuttosto dei fatti concreti che riguardano la gente. Questa è retorica! In realtà, tutti noi sappiamo che esiste uno stretto legame tra la qualità delle istituzioni e quella delle decisioni che possono essere adottate. Se gli europei vogliono la sicurezza, se vogliono un'Europa che conti di più negli equilibri internazionali, questa deve necessariamente disporre di istituzioni in grado di decidere. Se l'Europa è paralizzata dal veto degli uni e degli altri non ci saranno « fatti concreti ». E quindi dire "parliamo della sicurezza e non della Costituzione" non ha alcun senso. Noi vogliamo parlare delle regole e delle istituzioni proprio per arrivare ai fatti, ad un'Europa in grado di affrontare meglio le grandi sfide internazionali: la pace, la sicurezza, la lotta al terrorismo, ma anche la grande sfida dell'ambiente, che diventa sempre più cruciale per il futuro dell'umanità. Una delle tesi che sosterrò a Bruxelles è che, contrariamente ai decenni iniziali, durante i quali la costruzione europea è stata fatta soprattutto per ragioni interne - la creazione di uno spazio di sicurezza in Europa e di un mercato comune - oggi l'esigenza di rafforzare l'Europa viene soprattutto dalle grandi sfide esterne, le grandi sfide mondiali. O esiste l'Europa, in quanto realtà politica, oppure il nostro continente presto non avrà più alcun peso in queste grandi sfide. Entro trenta o quarant'anni, nessuno dei paesi membri dell'UE potrà più fare parte del G7 o G8, vale a dire del gruppo dei paesi più ricchi del mondo, a titolo nazionale. E' l'Europa politica, al contrario, che è destinata ad essere uno dei principali attori della scena internazionale. Il nazionalismo europeo è al tramonto ma gli europei non sono sempre disposti a rendersene conto. Abbiamo un'unica alternativa: l'Europa o il declino. E' quindi essenziale risvegliare un'opinione pubblica europeista.

D : Gli ultimi allargamenti hanno destato preoccupazione tra la gente. Non saranno stati troppo veloci?

R: Cosa dovevamo fare ? Chiudere la porta in faccia ai paesi candidati, facendone degli anti-europei? E' vero che l'Europa li costringe ad una rapida modernizzazione delle loro economie e impone loro scelte difficili. Ma al contempo offre loro delle opportunità da cui trarranno beneficio. Quanto al pericolo della concorrenza dell' "idraulico polacco" per gli occidentali, è un falso problema. Dove stanno questi idraulici? A Roma ne avremmo proprio bisogno!…. Prima di continuare l'allargamento, tuttavia, è ragionevole risolvere la questione costituzionale. In seguito, progressivamente, dopo la Croazia, penso che dovrebbero entrare nell'UE tutti i paesi dei Balcani occidentali, ossia dell'ex-Yugoslavia. Non possiamo permetterci di mantenere aperta questa ferita nel cuore dell'Europa. Sarebbe peraltro pericoloso, dal punto di vista della sicurezza, non offrire a questi paesi una prospettiva d'integrazione.

D ; L'integrazione dovrebbe avvenire prima o dopo l'eventuale ingresso della Turchia nell'UE ?

R : I Balcani dovrebbero avere la precedenza. Quello della Turchia sarà un processo più lungo, più complesso. Ma dobbiamo in ogni caso proseguire i negoziati. Penso che l'integrazione della Turchia in Europa avrebbe un significato politico di grande importanza, in un momento in cui si rischia uno scontro di civiltà tra Occidente e Islam. L'appartenenza di un grande paese islamico all'UE - naturalmente a condizione che ne riconosca regole e valori - sarebbe un messaggio molto forte.

D : L'integrazione della Turchia, oggi, presenterebbe quindi delle analogie con quella della Germania di cinquant'anni fa: integrazione per evitare il conflitto

R : L'integrazione europea è stata effettivamente un grande processo di convivenza pacifica. Una risposta ai conflitti che esplodevano nel cuore dell'Europa. Potrebbe svolgere un ruolo analogo tra l'Europa e il mondo islamico. Sa cosa raccontava Helmut Kohl ? "Il fratello di mia madre si chiamava Walter ed è morto sul Reno, durante la Prima Guerra mondiale. Mio fratello Walter è morto durante la Seconda Guerra mondiale. Mio figlio si chiama Walter anche lui e attraversa la frontiera senza passaporto". Questa è l'Europa ! Nell'arco di una sola generazione è cambiato tutto.

D : I rapporti tra l'Italia e gli Stati Uniti appaiono tesi in questo momento. Per via della presenza italiana in Afghanistan, dell'ampliamento di una base americana in Italia, etc…Peraltro, l'Italia non è l'unico paese europeo ad avere problemi di questo tipo. Anche in questo caso, un'Europa più unita non potrebbe essere una soluzione? Il confronto avverrebbe tra grandi potenze.

R : Innanzitutto occorre precisare che diversi paesi europei hanno avuto dei problemi non con gli Stati Uniti ma con alcune scelte politiche dell'Amministrazione americana, cosa diversa. Anche negli Stati Uniti, una fetta consistente dell'opinione pubblica condivide questa posizione critica, come sembra essere emerso dal recente voto di medio termine. Il mondo occidentale è attraversato da un dibattito politico molto aspro, con idee molto diverse sul modo di affrontare le grandi sfide attuali. La divisione non è tra Europa e Stati Uniti, ma tra diverse concezioni del mondo..

D : La sinistra europea avrebbe allora un peso maggiore e potrebbe svolgere un suo ruolo.

R : La sinistra è una componente importante del Parlamento europeo. Tuttavia, la « sinistra europea » con alle spalle una grande tradizione è una qualifica geografica. La sinistra dovrebbe essere non solo europea, ma europeista. Seguendo l'insegnamento di Jacques Delors e sostenendo l'integrazione europea, invece di essere scettica come a volte accade. Se la sinistra vuole contribuire a un mondo più giusto e più equilibrato, se vuole risolvere i conflitti attraverso l'azione politica, l'unità dell'Europa è un requisito essenziale. E' quello che sono venuto a dire a Bruxelles alla Sinistra Riformista: che prenda in mano le redini del rafforzamento dell'unità politica dell'Europa in tutti i paesi europei. E' l'unica scelta possibile.

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