Intervista
2 aprile 2008

D’Alema: con noi Italia a testa alta Berlusconi gioca solo per se stesso

Intervista di Ninni Andriolo - l'Unità


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D’Alema è di ottimo umore. È sbarcato a Roma da Parigi dopo «la grande vittoria ottenuta dall’Italia» e sferza le polemiche «elettoralistiche e provinciali» su Milano che avrebbe prevalso su Smirne malgrado il governo Prodi. «Siamo stati noi a candidare Milano - ricorda il vice premier - È stato il consiglio dei ministri ad investire sull’Expo, che rappresenta una grande occasione per il Paese».

Presidente, su questo sono tutti d’accordo, è sui meriti della vittoria che i pareri si dividono.
«Lasciamo da parte le faziosità pretestuose. È l’Italia tutta che ha riportato un successo. non solo per l’esposizione in sé, che sarà in grado di attirare oltre 30 milioni di visitatori verso Milano e verso l’Italia. E neppure soltanto per la la fase preparatoria. Perché, come dicono giustamente diversi osservatori, non bisogna fare dell’Expo solo l’occasione per valorizzare aree e costruire padiglioni. Ma, soprattutto, per un tema - quello della nutrizione, del rapporto con la vita umana e con l’ambiente - che individua una questione cruciale per il mondo di oggi».
Perché l’Italia ha prevalso, secondo lei?
«Abbiamo vinto grazie al fatto che abbiamo costruito una rete di alleanze internazionali, soprattutto con i paesi emergenti e i paesi poveri. Abbiamo spiegato che, attraverso progetti di cooperazione, vogliamo coinvolgere l’America latina ma, soprattutto, i paesi africani e quelli del Pacifico. Intorno a Milano abbiamo costruito un grande progetto di cooperazione e di politica estera, quindi. E vorrei dire che adesso ci si aspetta che saremo capaci di realizzare tutte queste cose. Serve anche l’impegno delle Università e dei centri di ricerca. Vorrei ricordare, anche, che sono stati assunti importanti impegni finanziari e risorse da parte della cooperazione internazionale e del governo».

Tutto ciò, in ogni caso, sta diventando materia di polemica elettorale...
«Noi non abbiamo fatto campagna elettorale. In questo caso non ha senso ragionare per schieramenti. Ad esempio, se è vero che Milano è governata dal centrodestra, è anche vero che hanno chiamato Al Gore per presentare il progetto. Cioè, una delle personalità di maggior spicco internazionale del Partito democratico americano. C’era anche Attali, c’era la cultura riformista internazionale intorno a Milano. Altro, poi, se il governo italiano non ha avuto ruolo per favorire la vittoria di Milano! Vorrei ricordare qualche cifra: 120 missioni all’estero in preparazione dell’Expo, un Ambasciatore a capo della delegazione per l’Expo, tre ambasciatori itineranti, una task force congiunta a Parigi, pressing su tutte le capitali in bilico, contatti a tappeto con le Ambasciate a Roma da parte di tutta la struttura della Farnesina. Abbiamo mosso tutta la struttura diplomatica che ha dimostrato notevole qualità e capacità. Abbiamo fatto un gioco di squadra con Milano e questo si è rivelato estremamente efficace».

Oltre Milano, l’Italia come potrà giovarsi dell’opportunità dell’Expo?
«Oggi pomeriggio (ieri, ndr), avremo già una riunione a Palazzo Chigi con il sindaco di Milano. Bisognerà fare dell’Expo un evento nazionale. In coincidenza con l’Expo sulla nutrizione noi, ad esempio, potremmo organizzare un percorso eno-gastronomico dell’Italia. Dobbiamo far diventare questo evento una grande occasione per il Paese».

Berlusconi sostiene che hanno pagato i suoi contatti internazionali e che il governo Prodi non ha alcun merito.
«Berlusconi ha fatto una gaffe, la sua è stata una caduta di stile. In un grande Paese si fa come nel calcio, quando c’è il campionato si tifa per l’Inter, per la Roma o per altre squadre. Ma poi, quando gioca la Nazionale, ci si mette la casacca e ci si impegna per l’Italia. Se uno non si vuole togliere la maglia del proprio club, non può essere convocato in Nazionale. Io, ad esempio, ho interrotto la mia campagna elettorale e sono andato a fare la campagna elettorale per Milano e per il nostro Paese. È evidente che nel risultato di Parigi c’è dentro Milano, ma c’è dentro anche il carattere espansivo della nostra politica estera».

Da Martino in poi, però, è un coro per dire che la politica estera italiana è stata fallimentare.
«Vorrei ricordare che qui, alla Farnesina, si è tenuta la Conferenza per la pace nel Libano, alla quale hanno partecipato rappresentanti di tutte le parti del mondo. Vorrei ricordare che siamo stati eletti nel Consiglio di sicurezza dell’Onu, nel Consiglio per i diritti umani, nel Consiglio direttivo dell’Unesco, che presiediamo il Comitato ministeriale del Fondo monetario internazionale, che c’è un ammiraglio italiano alla Presidenza del Comitato militare della Nato. Che abbiamo portato al successo la risoluzione per la moratoria della pena di morte. Ogni volta che abbiamo candidato l’Italia, e in diversi contesti, abbiamo sempre vinto. Percorso netto, quindi. Questo dimostra capacità di allacciare relazioni, di riprendere rapporti storici che erano stati dismessi, di suscitare simpatie».

L’Expo ha rilanciato le polemiche del centrodestra verso Prodi. È vero che il Pd “oscura” l’attuale premier?
«Nulla di ciò. Il governo ha fatto bene nelle condizioni date. Non è riuscito a comunicare al Paese una parte importante delle cose buone che ha fatto. Anche perché spesso ciò è stato soffocato dalla dialettica politica. Nello stesso tempo però, lo ha detto Veltroni ed è un suo grande merito, noi proponiamo una cosa nuova. L’oggetto della campagna elettorale non è rifare il governo precedente. Abbiamo preso atto che non il governo Prodi, ma questo tipo di governabilità - fondato su coalizioni multipartitiche e su aggregati che non hanno coerenza programmatica - non è più riproponibile. Dobbiamo spiegare al Paese che noi proponiamo qualcosa di radicalmente nuovo. Con grande rispetto naturalmente, io di questo governo ne faccio parte. Berlusconi, al contrario, propone la riedizione di qualcosa che il Paese ha già provato»

Mancano 15 giorni alle elezioni. Il Pd ha guadagnato molti punti, ma gli indecisi sono ancora molti. Lei e Veltroni, però, mettete in guardia dal rischio astensioni.
«Noi dobbiamo considerare l’anormalità di tornare al voto dopo appena due anni, perché questo dà il senso di una politica malata. E dobbiamo registrare che, soprattutto nella fascia sociale più sofferente, c’è delusione verso la politica in generale. E questo può portare ad una crescita delle astensioni».

Si tratta di settori sociali dove non arriva nemmeno il messaggio di Berlusconi, però.
«Lui sicuramente non è credibile. Il Paese ricorda che governava fino a due anni fa e non ha risolto i problemi. Anche a Napoli, sulla questione dei rifiuti, lui più che altro galvanizza i suoi. Non mi pare che penetri nel popolo profondo. Questo, tra l’altro, percepisce immediatamente le strumentalizzazioni. Ha descritto la Campania sommersa dall’immondizia. Non voglio negare l’esistenza di questo problema, ma dobbiamo dire che, seppure lentamente, stiamo uscendo dall’emergenza».

Cosa bisognerebbe fare per conquistare gli indecisi?
«La novità del Pd ha eroso effettivamente anche l’ elettorato di centrodestra. Lo registro (anche) direttamente, in prima persona. C’è qualcosa che si muove nella borghesia. Ci avverte come una realtà effettivamente nuova, come una forza seria che si è liberata. Però...»

Però presidente?
«Però c’è un pezzo dell’elettorato nostro che dev’essere recuperato. Non è che possiamo convincere tutti gli indecisi. Ma dobbiamo recuperare quelli che hanno votato per il centrosinistra nel 2006, che, in questo momento, sono delusi e che, quando ci sono i sondaggi dicono "non sappiamo se andremo a votare". Non è un elettorato che ci critica da posizioni di sinistra radicale, ma un elettorato di persone che non ce la fanno ad arrivare alla fine del mese...»

Prodi se ne stava occupando...
«Sì, il Governo aveva cominciato ad occuparsene, ma poi questo lavoro è stato bruscamente interrotto. E il contraccolpo della caduta del Governo, dopo meno di due anni di lavoro serio, ha indubbiamente generato sconforto e delusione».

E come pensate di superare questa delusione?
«Riuscendo a suscitare nuovamente speranza. Sono convinto che bisogna farlo riproponendo i temi sociali al centro della campagna elettorale: il fatto che vogliamo ridurre la pressione fiscale sui salari, che vogliamo stabilizzare il lavoro precario, che vogliamo aumentare le pensioni. E vedo che Veltroni, giustamente, ha preso di petto questi temi. Il nostro messaggio deve essere che queste per noi sono priorità. Noi siamo posizionati politicamente molto bene. La novità del Pd è arrivata. Il punto vero è quello di riuscire a smuovere un elettorato profondo, nel Mezzogiorno ma non solo, e restituirgli speranza».

Presidente è vero che lei giudica un po’ “moscio” lo slogan del Pd, 'Si può fare'?
«Ho detto che “yes, we can” io l’avrei tradotto con “sì, possiamo”. Ma si tratta di dettagli. In ogni caso ritengo che importare quello slogan in Italia sia stato geniale ».

C’è chi ha dedotto che se il Pd non raggiungesse il 35% si andrebbe alla “resa dei conti” tra i democratici
«Sono teorie strampalate, non vale nemmeno la pena tornarci sopra».

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