Intervista
6 luglio 2013

Le elezioni? Non prima di due anni

Colloquio con Mario Lavia - Europa


A parlarci per due ore nella nuova sede di Italianieuropei (50 metri più in là della precedente, en face a palazzo Farnese) Massimo D'Alema pare voler stemperare il clima, persino sorpreso di certe reazioni. Anzi, di una, quella di Matteo Renzi. «Ieri non ho detto nulla di offensivo, né che serve il mio permesso per candidarsi...». E quando alla fine della conversazione (con Europa e l'Unità) gli chiediamo di questo rapporto fra lui e il sindaco di Firenze che prima sembrava buono e che ora volge al brutto, spiega che «fra me e lui c'è un “carteggio” che consegnerò alle cronache (e indica il cellulare-ndr)», come a dire che il rapporto non si è interrotto e che ieri si sono reciprocamente mandati messaggi positivi, «io ho detto che non c'è nessun correntone contro di lui». Era un segnale: non esiste alcuna union sacrée antirenziana. Anche per questo «il commento di Renzi è del tutto inappropriato. Dice che parliamo solo di lui, qui l'unico che parla sempre di Renzi è Renzi».   
D'Alema “buonista”? In realtà è il solito D'Alema in battaglia. Ecco il suo ragionamento. 
«Noi abbiamo bisogno di un segretario del partito. Il congresso non si fa per eleggere il candidato premier, anche perché fra l'altro il premier ce l'abbiamo già e non siamo in campagna elettorale». Su questo punto cruciale, più avanti spiegherà: «Le elezioni non sono dietro l'angolo. Il Pdl si deve prendere le sue responsabilità. Certo non possiamo essere noi a togliere le castagne dal fuoco a Berlusconi provocando una crisi di governo... E poi se Berlusconi apre la crisi non è detto che si vada ad elezioni, tra l'altro c'è il semestre europeo di presidenza italiana che va rispettato: sarebbe strampalato andare al voto durante il semestre e non credo che il capo dello Stato lo consentirebbe». La previsione dalemiana, pertanto, è che si voterà «fra un paio d'anni». Messaggio erga omnes ma con Firenze prima destinataria. Certamente ne avrà parlato, qualche ora dopo, con Enrico Letta, un colloquio a 360 gradi, «è andata bene». 
Intanto il Pd discute, e piuttosto nervosamente, di regole, di deroghe. «Mah, quando uno statuto alla prima occasione ha bisogno di una deroga vuol dire che non funziona...». E dunque? Basta con la coincidenza fra segretario e candidato premier? «Quella norma era pensata sulla base dell'idea politica, legittima, del bipartitismo. Però quel progetto non si è realizzato: oggi c'è un bipolarismo fra coalizioni. Inutile insistere. I fatti sono testardi. E d'altronde ormai quella coincidenza non c'è più nemmeno nelle socialdemocrazie europee, né in Germania, o in Francia dove il segretario ha perso le primarie: hanno derogato anche loro... Questa è una riflessione seria, mentre il dibattito sulla stampa e in tv ha ridotto tutto a Renzi». (E giù con la sempreverde critica all'informazione politica, «i contenuti non interessano nessuno» e via dicendo).
Ma – gli facciamo notare – se si tratta di eleggere un segretario che non abbia anche la prospettiva della guida del governo, a che serve chiamare ai gazebo milioni di persone? «Certo, questo aveva un senso proprio in relazione a quel bipartitismo immaginato e che non si è verificato» ribadisce. «Ha ragione Barca, che sul partito ha scritto cose intelligenti, dovrebbero votare i “partecipanti” alla vita del partito, una platea più vasta degli iscritti» definita in «un albo». 
L'albo. Magari significa solo che chi va al gazebo alla fine firma: niente di particolarmente traumatico (anche se forse i renziani non desiderano alcun filtro). Si vedrà. 
Niente più coincidenza leader-premier ma comunque – precisa – «il segretario può partecipare alle primarie, mica sarebbe vietato». Anche se il candidato che sostiene, Gianni Cuperlo (per il quale spende parole di vero apprezzamento anche sotto il profilo etico e culturale), dovrebbe avere un altro programma: «Dare un senso al Pd anche sul piano valoriale, culturale, perché il Pd è troppo impegnato a tenere insieme tradizioni diverse e fatica a definire una chiara identità propria». Ci risiamo con “l'amalgama mal riuscito”? «L'ha detto anche Franceschini, ieri, parlando di ex dc e ex pci...». Ora, può essere triste che dopo 6 anni il Pd stia ancora a questo punto, ma per D'Alema il nuovo segretario (che sarà «arbitro» quando il centrosinistra dovrà scegliere il candidato premier) avrà proprio il problema dell'identità autonoma del partito, «non quello di fare pre-campagna elettorale».
Non si finisce senza un'ultima stoccata al sindaco di Firenze: «Renzi chiese la cancellazione della norma segretario-candidato premier. E’ paradossale: ma vi sembra una richiesta di buon gusto puntare al ripristino di una norma di cui appena l’anno scorso si è chiesta la cancellazione? Un minimo di coerenza..». E poi questa storia delle correnti, «io non ho una corrente, mi hanno invitato a una cena e lì c'erano quattro posizioni diverse... Invece lui è il capo di una corrente, e anche particolarmente agguerrita. Quelli che criticano le correnti nel nome della loro corrente mi lasciano dubbioso...». Poteva mancare il piccione? «Ma quale piccione, lui ha una forza mediatica che nemmeno un cacciabombardiere americano, è un centro di potere politico di primaria grandezza». Si candidi, Renzi, «ci sarà chi lo sosterrà, per convinzione o per convenienza, chi sarà contro, non è la fine del mondo. Ma se si candida a segretario il cammino per lui sarà più impervio: comunque decida, ha 38 anni, a quell'età non si è ragazzi né piccioni...».

stampa