Intervista
15 agosto 2013

“Berlusconi lasci il Parlamento e faccia il leader come Grillo”

Intervista di Alberto Gentili – il Messaggero


7176220446_3c5404cc87.jpg
Presidente D’Alema, un’intera estate a discutere del destino giudiziario e politico di Berlusconi da cui sembrano dipendere le sorti del governo. Le piace ciò che vede?

«La nota del capo dello Stato marca una netta separazione tra il destino di Berlusconi e quello del governo. Da una parte Napolitano indica la necessità di proseguire con l’azione dell’esecutivo perché il ritorno dell’instabilità in questo momento sarebbe un atto irresponsabile e perché non avrebbe senso andare al voto con l’attuale legge elettorale. Dall’altra, il Presidente avverte che le vicende giudiziarie di Berlusconi non debbono interferire con l’esigenza di stabilità del Paese. E a mio parere, se il Pdl tentasse di farlo si troverebbe in una grave condizione di isolamento, rischiando anche di trovarsi diviso. In più Berlusconi resterebbe con un pugno di mosche in mano».

Napolitano però ha riconosciuto rilevanza al nodo dell’agibilità politica del Cavaliere. Oltre a non escludere un atto di clemenza...

«Il Presidente si è espresso in modo rispettoso per la condizione particolare di un condannato in via definitiva che, tuttavia, mantiene un ruolo politico primario essendo il leader di un’importante forza politica. E ciò comporta un rispetto innanzitutto verso i suoi elettori. Però nei limiti della legge, senza forzature, senza stravolgimenti, senza invenzioni paradossali come quella di un salvacondotto. Napolitano ha spiegato che ci sono cose che non può fare e, non potendole fare, è inutile chiedergliele».

Potreste farle voi, il Pdl invoca un atteggiamento comprensivo sul nodo della incandidabilità e della decadenza, chiede che venga riconosciuto il diritto di Berlusconi a rappresentare i propri elettori. Cosa risponde?

«Rispondo che la legge va rispettata. Gli elettori del Pdl sono rappresentati comunque, quel partito ha una forte presenza in Parlamento. E poi non siamo di fronte a un caso unico, singolare: ci sono stati altri rilevanti casi di leader che nel passato hanno dovuto rinunciare al loro seggio per una condanna definitiva. Aggiungo, oltretutto, che si può svolgere un ruolo politico anche fuori dal Parlamento. Anche Beppe Grillo non è parlamentare e lui stesso ha più volte ricordato di essere incandidabile, eppure è il leader indiscusso del suo movimento. E che dovremmo fare? Creare un precedente per cui si dovesse trovare in una condizione di incandidabilità potrebbe pretendere una leggina ad hoc? Cose senza senso. La legge è uguale per tutti e non va plasmata in base alle esigenze personali».

Cosa farebbe al posto del Cavaliere?

«Se fossi Berlusconi scioglierei l’enigma dimettendomi da parlamentare. Magari negoziando forme alternative per scontare la pena che siano compatibili con l’esercizio di un ruolo politico. Aggiungo un piccolo particolare: ora ci stiamo affannando intorno alla sentenza della Cassazione, ma - senza anticipare giudizi che spettano alla magistratura - cosa accadrà quando arriveranno le sentenze per la vicenda Ruby e per la vicenda napoletana in cui sembrano esserci prove evidenti della corruzione di parlamentari? Ogni volta faremo una leggina interpretativa sulla decadenza? Dobbiamo prendere atto che un uomo come Berlusconi evidentemente ha agito ritenendosi al di sopra della legge, magari senza neppure avere la percezione della gravità dei reati che commetteva. Siamo arrivati al redde rationem».

E cosa dovrebbe fare il centrodestra?

«Dovrebbe porsi il problema della leadership, altrimenti dedicherà il suo futuro a tentare di inventare gabole per risolvere i problemi giudiziari di Berlusconi. Oltretutto ho l’impressione che questi problemi interessino ormai una ristrettissima minoranza di aficionados. La gente chiede occupazione, benessere e stabilità per agganciare la ripresa economica. D’altra parte è passato un ventennio da quando Berlusconi fa politica e siamo entrati in una fase nuova».

Diranno che è un incendiario, che vuole far cadere il governo...

«Sono scemenze. E’ evidente il contrario. Io non sono un incendiario e credo che Berlusconi abbia in mano una pistola scarica: le elezioni, ripeto, non ci saranno».

Venerdì è andato a trovare Enrico Letta. Cosa ha detto al premier?

«Ho detto a Letta che, a mio avviso, il governo potrà andare avanti a due condizioni. La prima è che emerga un accordo serio e incisivo di riforma costituzionale ed elettorale, perché è chiaro che se c’è un progetto condiviso e forte diventa molto più difficile far saltare tutto in aria. La stabilità ne trarrebbe giovamento».

La seconda condizione?

«Agganciare la ripresa economica che si è affacciata in Europa. Per farlo il governo deve ridurre le tasse sulle imprese e sul lavoro: bisogna tagliare il cuneo fiscale per ridurre il costo del lavoro e aumentare il salario reale. Ciò porterebbe a un aumento dei consumi medio-bassi e aumenterebbe la competitività delle imprese».

Il Pdl vuole invece l’azzeramento dell’Imu sulla prima casa.

«Chi può pagare la tassa, deve pagarla. Io mi iscrivo tra quelli che vogliono farlo. Il Paese ha priorità più urgenti che soddisfare le promesse elettorali di Berlusconi. Sarebbe assurdo che con tanta povertà, con una drammatica disoccupazione giovanile, si restituissero i  soldi a chi i soldi ce li ha. Occorre aiutare le famiglie meno abbienti e trovare un compromesso ragionevole. Questo potrebbe essere la service-tax, lasciando ai sindaci la decisione di applicarla e con quali gradazioni».

Parliamo del Pd. Le primarie per la scelta del segretario si svolgeranno in novembre? Renzi è già in campo.

«Sulla data non lo so, decideranno gli organismi dirigenti. In ogni caso, credo che se Renzi si candidasse a fare il segretario commetterebbe un grave errore. Se lui punta alla segreteria come trampolino per andare a palazzo Chigi, credo che debba considerare che non si voterà prima del 2015. Dunque, se farà il segretario, dovrà fare il segretario del partito, non il candidato alla premiership. E dovrà farlo per almeno due anni. Un mestiere molto difficile, nel quale Renzi rischia di logorarsi».

Sta suggerendo a Renzi di stare fermo un giro?

«Il candidato premier dovrà essere una figura capace di costruire un’alleanza vasta. Dunque, Renzi potrebbe ragionevolmente proporsi per la costruzione del nuovo centrosinistra. E questo sarebbe ragionevole. Se poi vorrà fare il segretario, è probabile che vincerà anche grazie al sostegno mediatico di cui gode, ma non so se si imporrà tra gli iscritti. Insomma, la sua elezione sarebbe foriera di un periodo molto complicato e difficile».

Sta adombrando il rischio della scissione?

«Mi faccia ironizzare, sto dicendo che nel Pd non c’è bisogno di fare le scissioni: già ognuno fa ciò che vuole. Temo però che questo fenomeno si accentuerebbe».

stampa