Intervista
28 novembre 2013

“Non possiamo ignorare il messaggio degli euroscettici” - versione italiana

Intervista di Laurent Cerulus - Euractiv


Alle prossime elezioni europee ci si attende un travaso di voti dai principali partiti politici verso i movimenti euroscettici. Per contrastare questo fenomeno, i partiti tradizionali dovrebbero indagare le cause di fondo del populismo e formulare soluzioni reali. E’ quanto afferma Massimo D’Alema in un’intervista a Euractiv. 
La scorsa settimana abbiamo assistito a un dibattito sul risultato che i partiti euroscettici potrebbero ottenere alle prossime elezioni, e su quanto ciò debba preoccuparci. Qual è il suo giudizio in merito?
Credo che la situazione in Europa sia davvero preoccupante. Non solo in Italia, ma in molti Paesi europei vediamo montare un sentimento antieuropeo. Secondo i sondaggi, Marine Le Pen potrebbe addirittura arrivare a rappresentare il primo partito in Francia. Certo, tutto potrebbe cambiare nei prossimi mesi, ma di sicuro è molto allarmante. 
Penso che dobbiamo indagare le ragioni che stanno alla base di questo fenomeno. A mio parere rappresentano l’altra faccia della crisi: la realtà di Bruxelles, un potere tecnocratico o burocratico che non è trasparente. 
L’unico modo di contrastare l’euroscetticismo non è difendere l’Europa così com’è. Al contrario, lo slogan socialista nella prossima campagna elettorale dovrebbe essere: “vogliamo cambiare l’Europa”. Dobbiamo aspirare a cambiarla profondamente – non ne difendiamo l’attuale assetto. 

Una critica frequente è che i partiti di governo, invece, non stanno promuovendo le politiche che sostengono al livello europeo e i cambiamenti a Bruxelles avvengono lentamente. Sarebbe credibile per voi prendere nettamente le distanze dall’UE?
Non sono d’accordo. Attualmente non siamo in grado di cambiare le politiche europee. A tal fine, è necessario un ritorno dei partiti socialisti al Consiglio europeo. Ma cambiare gli equilibri di potere in seno al Consiglio è difficile, a causa del governo tedesco e, in particolare, a causa di Angela Merkel. Il Paese più potente d’Europa sta difendendo l’austerità come unico approccio possibile ma che, ne sono convinto, è disastrosa per l’Europa. 
Il fatto è che non è vero che socialisti e conservatori concordano sull’Europa, ma per il momento dobbiamo accettare la maggioranza conservatrice – è la democrazia. 
Questo non cambierà con le elezioni europee, però.
Cambiare il Consiglio è un processo lungo, perché dipende dalle elezioni nazionali. Tuttavia la situazione sta cambiando: la sinistra sta vincendo in Repubblica Ceca, in Slovenia, in Slovacchia. Personalmente credo che in Europa il potere debba spostarsi dal Consiglio verso la Commissione e che quest’ultima debba divenire un vero e proprio governo, basato sulla legittimità data dal Parlamento. 
Quindi afferma lei stesso che un vero cambiamento avverrà più lentamente. Pensa vi sia il rischio che le campagne elettorali “organizzino la delusione in anticipo”, come ha detto in passato il presidente del Consiglio Herman Van Rompuy?
Penso che dobbiamo affermare chiaramente le nostre idee, la nostra visione dell’Europa. Certo, se riusciremo a realizzarle o meno dipende dai risultati. 
Quello che intendo è che noi presenteremo il nostro candidato alla presidenza della Commissione, Martin Schulz. Se i socialisti saranno in grado di formare una maggioranza – magari a sinistra, insieme ai Verdi e ad altri – potremo dare il sostegno del Parlamento a un candidato progressista. 
I partiti populisti sembrano riuscire a entrare in connessione con il voto popolare – il cittadino comune –, il che in passato era appannaggio proprio dei socialisti, a loro dire. Questa crescita del populismo è anche un fallimento del socialismo? 
Credo che non sia una novità che la povera gente, i cittadini non informati, che non leggono i giornali siano distanti dalla politica e, quindi, facilmente attratti dai populisti. 
Quindi come possono fare i partiti tradizionali a raggiungere quella parte della società?
Da un lato vogliamo un’Europa più democratica; dall’altro, vogliamo lavorare per la crescita, l’occupazione e la giustizia sociale. Sono convinto che i partiti socialisti in particolare debbano porre al centro e con forza le loro idee sociali. Senza un forte programma e una forte immagine sociale, sarà molto difficile convincere i lavoratori – che costituiscono, tradizionalmente, il nostro elettorato di riferimento.  
Comprendo la ragione per cui il populismo esiste, ma non è la soluzione. I cittadini hanno votato per Beppe Grillo perché ha promesso di cambiare la politica italiana. Ma non sta facendo nulla, non sta giocando alcun ruolo politico. Il suo progetto, semmai, è di peggiorare la situazione: più peggiora, meglio sarà per il suo movimento. Non lavorano per migliorare l’Italia. 
Alle elezioni del maggio prossimo potremmo vedere una diminuzione dell’astensione, che è aumentata costantemente dopo la prima elezione diretta del Parlamento europeo nel 1979. Tuttavia, è probabile che cittadini che di solito non votano si esprimano ora per partiti di impronta antieuropea. E’ pericoloso ignorare il messaggio di questi partiti?
Non possiamo ignorare il messaggio degli euroscettici. Dobbiamo certamente tenerne conto. Tuttavia il problema è come rispondere ai loro argomenti, come offrire una risposta. Credo che la politica debba proporre soluzioni, altrimenti diventa propaganda. 
Quindi abbiamo bisogno di soluzioni, e ciò include misure tecniche quali, ad esempio, un fondo di redenzione del debito per affrontare la crisi del debito pubblico, una strategia di politica industriale europea, maggiori risorse per la disoccupazione giovanile, un salario minimo in Germania e in altri Paesi e così via. 
E’ nostro dovere di partiti tradizionali. I populisti non offrono simili risposte.

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