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12 dicembre 2002

'Non basta dire no'

Riforma delle pensioni, del mondo del lavoro e riforme istituzionali, i tre punti per un possibile programma dell'Ulivo lanciati da D'Alema


Franco De Benedetti e Paolo Mieli hanno introdotto Massimo D'Alema che ha parlato del libro, dall'eloquente titolo 'Non basta dire no', un lavoro politico scritto da alcuni esponenti del riformismo come lo stesso Franco De Benedetti, Pietro Ichino, Michele Salvati, Tito Boeri e altri e che propone come ricetta per il centro sinistra per tornare al governo il riformismo. Quello propositivo. E che punta su riforme concrete.


D'Alema ha affermato che la sinistra deve stare attenta a non lasciare nelle mani della destra i temi del riformismo, col rischio di rimanere schiacciati su posizioni conservatrici. E ha ribadito il suo concetto per cui stare all'opposizione solo per impedire che il governo governi è assurdo e limitativo. Controproducente.

In una democrazia dell'alternanza, seppur definita giovane e imperfetta come quella attuale italiana, per D'Alema è necessario avere un programma, con i suoi messaggi culturali, le sue aggregazioni ecc. «Ma» - ha precisato - «purtroppo la nostra legge elettorale al momento sollecita il formarsi di grandi coalizioni "contro" piuttosto che grandi coalizioni "per". Il sistema così com'è premia il massimo di aggregazione che non la compattezza programmatica».

Punti fondamentali per le riforme sono: anzitutto il mercato del lavoro. Supposto che scopo della sinistra riformista è quello di raggiungere massima occupazione e riduzione delle diseguaglianze profonde nel mondo del lavoro, D'Alema ha sottolineato che sull'art.18 la sua posizione è ben netta: «Io credo» - ha affermato - «che nell'art. 18 c'è un principio fondamentale, quello che il licenziamento individuale senza giusta causa è proibito». Un principio definito di libertà, e una conquista di grande civiltà.

«Altra cosa però» - ha precisato - «è pensare che la tutela di questo principio debba coincidere sempre con l'obbligo di reintegro, che già oggi così non è. E perché, di fatto, è una pratica che non si ritiene ragionevole». Secondo D'Alema, una proposta adeguata potrebbe essere quella di Ichino che consente in modo più elastico di volta in volta di capire qual è la via per tutelare quel principio in maniera adeguato alle situazioni.

Altro punto, la riforma delle pensioni, che D'Alema considera ancora più importante della vicenda dell'art.18. «Io trovo fantastico» - ha affermato - «che Berlusconi abbia fatto finta che il 2001 non fosse il 2001 per fare la riforma delle pensioni che è un problema ben più grave dell'art. 18. Lì bisognava mettere intorno a un tavolo i sindacati e dirgli 'completiamo la riforma previdenziale con il passaggio al contributivo pro rata e dall'altra parte tu confindustria molli il tfr e facciamo i fondi pensione…' invece si è voluto non scontentare una parte o l'altra e non si è fatto nulla».

Sulle riforme istituzionali D'Alema è stato molto chiaro, sostenendo che non di inciucio si tratta il collaborare con gli aversari politici sul terreno delle riforme istituzionali. E che la sconfitta elettorale per l'Ulivo è arrivata più per il fallimento della bicamerale che non per il fatto di avervi fatto partecipare anche Berlusconi e l'allora opposizione. Il problema però, al momento, è un altro.

«Sul tema delle riforme costituzionali» - ha detto - «siamo di fronte ad una deriva della maggioranza plebiscitaria e antiriformista. Tant'è che anche all'interno della stessa cdl ci sono malumori e opposizioni. Come la si affronta la cosa? Non solo dicendo No» - ha risposto, aggiungendo: «non ho il minimo dubbio che se lasciamo a Berlusconi la bandiera del presidenzialismo e noi diciamo semplicemente No, si perde. Diventa fondamentale che il centro sinistra metta in campo una proposta comune di riforma politico istituzionale».

Nel concreto D'Alema ha sostenuto che è necessario su questo terreno «Un disegno di riforma che anche correggendo qualche errore e forzatura che c'è nella riforma del titolo V, completi il federalismo attraverso l'istituzione di un Senato federale della repubblica e cioè un coinvolgimento del sistema federale delle decisioni comuni e un governo del primo ministro di stampo europeo. E accanto a questo» - ha spiegato - «i diritti dell'opposizione. Noi siamo nella condizione in cui un primo ministro non può licenziare un ministro, però c'è una maggioranza parlamentare che decide lei le commissioni d'inchiesta che sono un classico strumento dell'opposizione e siamo nell'assurdità totale in cui si fanno le commissioni di inchiesta contro l'opposizione».

I riformisti dunque, ha avvertito infine D'Alema, per poterla spuntare si guardino dai monaci neri della 'sinistra settaria', quelli che lanciano solo invettive; protagonisti di un gioco, Crepax, che D'Alema ha detto faceva da bambino. Monaci neri di cui non sono stati fatti i nomi, però.

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